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29Mar.2014

Il paese dei balocchi

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il paese dei balocchi

L’altra sera ero a cena con un amico. La nostra comunicazione era disturbata dalla mia fame congenita.  Solo ora mi sono reso conto, che proprio per questo, non mi ero neanche spogliato per mangiare.

Mentre lottavo con le cozze, lui mi diceva che trovava interessante questa svolta politica italiana recente, anche se in qualche piccola parte.  Ora, io non riesco proprio a vedere qualcosa di interessante, se non per un processo di esclusione. Non so come si possa prescindere dal passato di ognuno, ( e quindi neanche da quello che questa volta ha indicato il suo rappresentante ), ed in questo caso come e perché io possa e debba prescindere dal mio, che a me appare, quanto mai presente.

Mi rendo conto di come questo fattore possa influenzare anche una semplice conversazione ma, proprio per dimostrare considerazione alle sue parole, ho provato a capire tornando a casa cosa mi voleva dire.

L’unica e sola considerazione che sono riuscito a trarre, è la conferma di ciò che da tempo vado pensando. Cioè che l’analisi di ciò che accade, ancora una volta si identifica erroneamente sul fattore personaggio anziché sul fattore contenuto. E che questo accade perché un contenuto , secondo me non c’è, o almeno non ne vedo di condivisibili da considerare la mia partecipazione a quel progetto.

In sostanza, se si deve imputare qualcosa a questo finto cambiamento, è solo perché questo rappresenta la necessità di una parte di popolazione che si identifica con il personaggio che la incarna e che si rivela essere il portatore sano di quei “valori” di quella parte di società.

Altro non ci vedo. Questo non è il contenuto che mi rappresenta, in relazione al mio percorso. Al punto tale che appariva chiaro nella conversazione, quanto la mia posizione fosse di minoranza rispetto al momento storico. Ma questo può essere di per sé uno svantaggio? In sostanza, se si seguita erroneamente ad imputare a chi ci governa la responsabilità del presente, si seguita semplicemente a negare che chi è stato delegato a farlo , altri non è che l’espressione di un costume e una attitudine perversa di chi, quella persona ha indicato.

Della sua vita, del suo percorso personale, delle sue scelte e definisco anche meglio, delle sue ambizioni…

Chi governa rappresenta un movimento di persone che hanno una maggioranza, fittizia o tale di cui non è necessario condividere i valori, neanche per fingere di sentirsi a disagio di aver perso. Non mi ferisce proprio essere in minoranza. Non farei il minimo sforzo per acquisire qualche quota di maggioranza, per vedere affermato un qualche mio diritto magari in maniera distorta.

Questo è il solo livello di partecipazione a cui intendo accedere, per consentire a ciò in cui credo di continuare ad essere parte della mia persona, considerando questo un valore imprescindibile alla mia partecipazione. A zero presunzione.

La politica a questo punto, in quanto tale, esiste quindi solo se ci sono persone in grado di imporre attraverso il loro leader, la loro visione e conquistare una posizione di rilievo.

La “colpa” di questo paese, è quella di non aver voluto e saputo creare dei valori accettabili per contenuto diversi da quello di un supposto o mancante benessere. Noncurante di tutta una serie di fattori, che sono mancati nella vita delle persone che via via hanno imposto a forza i loro rappresentanti così simili, alle loro mancanze personali. Questo è un paese che ha decretato la sua fine dal basso, scegliendo deliberatamente di ignorare la sua storia a colpi di maggioranze, di comodo e privilegi. Dimenticando il suo passato e la sua civiltà di provenienza e tagliando legami di appartenenza scomodamente seduti in appartamentini da mutuo trentennale, edificati in orti e giardini patriarcali.

Io vivo in una casa molto piccola e disordinata. Le cose hanno trovato il loro posto in relazione alla apertura delle porte e delle finestre per una forma di pigrizia che si esprime nella formula: dedico il mio tempo a cercare le mie motivazioni e non soltanto ai doveri. Questo mi rende più schiavo di ciò che sento, e non di ciò che dovrei mostrare di essere e senza il benchè minimo desiderio di insegnare o peggio ancora, imporre qualcosa a qualcuno

A me appare di più come un non volersi mettere nella condizione di dover fare cose in cui non credo, o quantomeno, come ultima forma di resistenza, a non dover creare le condizioni per farlo.

larecherchestudio.com © 2014

23Mar.2014

Opus

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I casually discovered this place on a Sunday in May. Leghorn Port.
A large warehouse / factory abandoned.
I had touched on before, but I had not had the courage to climb over the limit of the property.
It was surrounded by a high metal fence, and iron poles because no one could enter.

Finally one day, I noticed that someone had made a hole in it.
I took courage, and I entered discovering one of my favorite places ever.
This one.

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Ho scoperto questo posto per caso, una domenica di Maggio. Livorno Porto.
Un grande magazzino/fabbrica abbandonato. Lo avevo sfiorato altre volte, ma non avevo avuto il coraggio di scavalcare la recinzione.
Era circondato da un’alta rete metallica, e da pali di ferro perché nessuno vi potesse entrare.
Finché un giorno, notai che qualcuno aveva fatto un bel buco nella rete.

Presi coraggio, e vi entrai, scoprendo uno dei miei luoghi preferiti in assoluto . Questo.

Oggi non esiste più, ed è stato completamente raso al suolo.

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P.C.

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blog5

23Mar.2014

How to start a blog ?

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We aim not to awards, nor have market shares. What we do is for our own or other people’s pleasure and memory. Do not call ourselves photographers, nor photo – enthusiasts or even worse…. artists.  We document just what we see, because we believe that belongs to us in some way.  Or maybe once belonged to what has hit us .  And to do this we use a camera.
The relationship with time, its symbols , its decline and the ‘ impermanence of our own version, expresses the breath and the entire uselessness of our work, which is especially dedicated to those who are not are interested .  To better define ourselves and not for conceit.
To others, we offer what we have not yet seen, forgotten and lost . The places where we are not yet able to walk , the houses where we still can not get in, and the multitude of faces and bodies that we met , and we wanted to be all along.  Another, there may be asked , why would not know it.  Nor we do wish.  If we were to choose a reference, or a person in our life who has inspired us in some way, that we could say definitely, P.P. Pasolini is one of them.

“I always thought , like any normal person , who writes that behind there should be need to write , freedom, authenticity , risk. Thinking that in there must be something social and official that “fixed” the authority of someone, it’s a thought, just aberrant , apparently due to the deformation of those who do not know how to conceive more truth outside the authority . “

Pier Paolo Pasolini, ” Scritti corsari “

 

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Non ambiamo a riconoscimenti, né ad avere quote di mercato.   Ciò che facciamo è per il nostro o altrui piacere e ricordo. Non ci definiamo fotografi, né foto-amatori, né artisti. Siamo semplicemente degli autori che documentano ciò che vedono, perché ritengono che gli appartiene in qualche modo, ed è per puro caso, se per fare questo usiamo una macchina fotografica.   Ci interessa il rapporto con il tempo, i suoi simboli, la sua decadenza.
L’ impermanenza della nostra stessa versione, esprime il respiro e la totale inutilità del nostro lavoro, che è soprattutto dedicato a coloro ai quali non interessiamo.  Per definirci meglio e non per presunzione.   Agli altri, offriamo ciò che ancora non abbiamo visto, dimenticato e perso. I luoghi in cui non siamo ancora riusciti ad arrivare, le case dove ancora non possiamo entrare, e la moltitudine di volti e corpi che abbiamo incontrato, e che avremmo voluto essere da sempre.   Altro, non ci venga chiesto, perchè non sapremmo farlo.  Ne lo desideriamo. Se dovessimo scegliere un riferimento, una persona che nella nostra vita ci ha ispirato in qualche modo, potremmo sicuramente che P.P. Pasolini è uno di questi.

«Ho sempre pensato, come qualsiasi persona normale, che dietro a chi scrive ci debba essere necessità di scrivere, libertà, autenticità, rischio. Pensare che ci debba essere qualcosa di sociale e di ufficiale che «fissi» l’autorevolezza di qualcuno, è un pensiero, appunto aberrante, dovuto evidentemente alla deformazione di chi non sappia più concepire verità al di fuori dell’autorità».

Pier Paolo Pasolini, “Scritti corsari”

LRS_1163 copia

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